Questa è una lettera pubblicata dal quotidiano "La Repubblica" del 6 gennaio 2002

Un comitato nel nome di Puglisi

di Francesco Palazzo

6 gennaio 2002

Apprendiamo che il Comitato Intercondominiale Quartiere Brancaccio di Via Hazon è stato ammesso come parte civile contro chi è accusato di avere anni addietro incendiate le porte di alcuni componenti del comitato stesso. Il Comitato intercondominiale di Via Hazon nasce nel 1990, (operante sino al 1996), per tentare di rendere vivibile una parte della zona di Brancaccio, quartiere da dove il governo di Cosa nostra ha fatto partire molti fili che hanno intessuto la cosiddetta stagione stragista che ha contraddistinto i primi anni novanta.
Il pezzo di quartiere di Brancaccio che ha visto impegnato, maggiormente, il comitato era (ed è) costituito in maggior misura da insediamenti abitativi dove il comune di Palermo, negli anni ottanta, trasferì parte di abitanti del centro storico senza però creare gli opportuni servizi, anche quelli più elementari, sufficienti a determinare condizioni accettabili di vivibilità. Per capirci, una delle prime attività del comitato fu quella di premere per la realizzazione del sistema fognario, poi realizzato, inesistente nella zona.
Il territorio è lo stesso dove operò per tre anni (sino al suo omicidio per mano mafiosa) don Pino Puglisi. Tra il parroco della chiesa di Brancaccio e il Comitato Hazon sorse subito una collaborazione che potenziò l'impegno del comitato e rese più leggibile, crediamo, allo stesso parroco il territorio in cui stava iniziando ad operare. Del resto la stessa intimidazione subita dai componenti del comitato a cui furono bruciate le porte era anche diretta a don Giuseppe che da lì a poco sarà, infatti, barbaramente ucciso.
Altre intimidazioni si erano precedentemente verificate. Una con l'incendio del furgone della ditta che stava realizzando i lavori per la ristrutturazione della chiesa di Brancaccio, un'altra con l'aggressione ai danni di un ragazzo, stretto collaboratore di don Puglisi.
Un'altra battaglia che vide insieme don Pino e il Comitato Hazon fu quella per l'utilizzo di alcuni locali sottostanti uno stabile le cui case erano di proprietà del comune. Quella battaglia non ebbe esiti positivi, ma il fatto che quel posto fosse (ancora viene?) utilizzato dalla manovalanza vicina od organica ad ambienti riferibili a cosa nostra fu, probabilmente, una delle cause dell'incendio delle porte e uno dei motivi che portarono all'omicidio di padre Puglisi.
Padre Pino reagì dall'altare all'incendio delle porte dicendo ai fedeli che tutti dovevano sentirsi colpiti e invitandoli a fare sentire la solidarietà alle persone fatte oggetto di violenza. La stessa cosa vogliamo fare noi adesso che si sono spenti i riflettori sulla vicenda di questo comitato, che però prosegue, con il coraggio di presentarsi parte civile contro una mafia ancora potentissima, il proprio impegno ideale. Spero di non interpretare indebitamente il pensiero di larga parte dell'associazionismo palermitano, ma credo che esso non possa che unirsi alla richiesta di solidarietà che le persone presentatisi parte civile hanno chiesto.
Ricostruire, valorizzare, sostenere queste piccole grandi storie di legalità richiesta e qualche volta ottenuta, negata spesso dalle istituzioni, finita talvolta sotto il piombo dei killer (don Puglisi, Libero Grassi, Filippo Basile e altri) o dilaniata dall'esplosivo di cosa nostra (Giuseppe Impastato), ritengo che possa essere uno dei percorsi da intraprendere per ridare senso, con la passione della militanza e con la ragione dell'analisi e della ricostruzione dei fatti, ad una contrapposizione alle mafie visibili e invisibili.