L’articolo del mese di ottobre e` stato pubblicato dal quotidiano "La Repubblica" nelle pagine della citta` di Palermo.

      Padre Puglisi sarebbe morto lo stesso ?

di Salvo Palazzolo

Palermo, 26 ottobre 2000

Nella foto Giovanni Paolo II

"Dentro e fuori la parrocchia c’era chi isolava padre Puglisi, cercando di non renderlo credibile, delegittimandolo. Lui lo sapeva e tentava di impedire che personaggi discutibili si inserissero nei servizi parrocchiali per avere un paravento religioso. Rimane il mistero: qualcuno dei suoi supposti amici ha informato chi lo aveva in odio di alcune notizie che dovevano restare segrete? L’incontro con il presidente dell’Antimafia Violante, l’intenzione di intitolare la via Brancaccio a Falcone e Borsellino. Mi chiedo: se il cardinale, la curia, tutta la comunità avessero preso una chiara posizione per far comprendere che quel sacerdote non era solo, ma godeva del sostegno incondizionato della Chiesa palermitana, padre Puglisi sarebbe morto lo stesso?".

Un interrogativo dirompente è risuonato nelle stanze della Curia dove il Tribunale ecclesiastico sta istruendo — in gran segreto, così come prevede il codice canonico — la causa di beatificazione del parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia sette anni fa. Il corposo dossier consegnato ai giudici da uno dei testimoni convocati al processo, Pino Martinez, stretto collaboratore del sacerdote, è destinato a riaprire il capitolo più inquietante del caso Puglisi, già affrontato dai due processi penali che hanno portato alla condanna di killer e mandanti di Cosa nostra. E cioè questo: quali resistenze incontrò l’azione di padre Puglisi all’interno della chiesa palermitana?

Il dossier è uscito dal segreto della causa di beatificazione. Martinez ha voluto metterlo su Internet, in un sito (http://www.angelfire.com/journal/puglisi) che contiene tutta la documentazione del lavoro fatto a Brancaccio.

Pino Martinez è l’animatore del comitato intercondominiale di via Hazon che insieme a padre Puglisi compì un lungo, drammatico pellegrinaggio fra i palazzi delle istituzioni. Drammatico perché senza mai alcuna risposta, perché si infranse contro l’incendio delle porte di casa di tre rappresentanti del comitato, e nell’assassinio del sacerdote.

"Padre Puglisi era mite, sosteneva di essere per e non contro l’uomo — ricorda Martinez nel dossier — ma ciò non toglie che diventasse deciso quando c’era da prendere le distanze dalle organizzazioni che generano illegalità. Era allora che dentro e fuori la parrocchia vi erano alcune persone che facevano di tutto per non rendere credibili il parroco e il comitato". Martinez ricorda lo scontro avuto dal parroco, appena insediatosi nel ‘90, con il cosiddetto comitato delle feste, "un gruppo inquinato con la mafia", accusa. Una lunga battaglia fu la nascita della confraternita. Quando padre Puglisi riuscì a dare la giusta impronta, due mesi prima di morire, organizzò un incontro con Pappalardo, in Curia: "Attendemmo un bel po’ prima di vedere il cardinale che stava per andare via in macchina senza rivolgerci nemmeno una parola. Si fermò perché padre Puglisi lo trattenne. In un paio di minuti esaurì il suo discorso lasciando tutti molto delusi, specie chi si aspettava di sentire pronunciare parole che confermassero l’indirizzo che padre Puglisi si apprestava a dare". Amara la conclusione: "Quando fu chiaro che la confraternita non si sarebbe formata secondo le aspettative del comitato delle feste, i partecipanti cominciarono a diminuire. Finché divennero tre".

Una delle ultime battaglie di don Pino fu l’elezione del consiglio pastorale parrocchiale "in maniera libera dai condizionamenti". Convocò la riunione alla Casa della gioia di Poggio Ridente. "Aveva fatto una scelta strategica, giocare fuori casa, lontano da Brancaccio. Gli fu rinfacciato anche questo".