Gli articoli del mese sono stati pubblicati dal quotidiano di Palermo "L'ORA".


"Don Golesano si è prestato alla politica"

di Simone Di Stefano

18 aprile 2001

Un gruppo di abitanti di via Azolino Hazon, nei primi mesi del 1990 decise di impegnarsi per tentare di rendere vivibile l'ambiente in cui viveva, ridotto in condizioni di marginalità da una classe politica che aveva preferito abdicare al suo ruolo istituzionale, lasciando in questo modo il campo libero a uomini senza scrupoli. Questo gruppo di cittadini, libero da vincoli di appartenenza partitica scelse di chiamarsi Comitato Intercondominiale della via Hazon e delle vie limitrofe. Pino Martinez, è stato uno dei componenti ed insieme con Padre Puglisi non hanno avuto paura di guardare in faccia la mafia. Oggi vive con la sua famiglia a Carini e storce il naso quando qualcuno parla del "suo" parroco e della "sua" Brancaccio. Ha costruito un sito internet e, all'indirizzo www.angelfire.com, racconta la testimonianza di un impegno civile intenso svolto dal 1990 fino al 15 settembre 1993. E' il racconto di una Brancaccio che male si presta ad una fiction. E' la ricostruzione di un ambiente dove la vita sociale, controllata dal potere politico-mafioso locale, era stata animata da attività e interventi che rendevano sempre più credibili un prete e un gruppo di cittadini. Un racconto che traccia un profilo di Treppì che cozza con quanto visto in Tv. Da quel settembre 1993 non ha mai smesso di "sognare quel sole sognato da don Pino", ma è consapevole che tutto non è più come prima. A cominciare dal ruolo assunto dalla chiesa in quel quartiere. Un ruolo "politico" che gli sta stretto. Lo ricorda con una vena di tristezza.

COSA E’ CAMBIATO DOPO LA MORTE DI PUGLISI

"Subito dopo la morte di Padre Puglisi, abbiamo tentato di collaborare con don Golesano, ma ci siamo accorti che il modo di lavorare non era quello di don Puglisi". Martinez rimprovera al successore di don Pino di non aver arginato un interesse "partitico" che stava strumentalizzando a fini elettorali una storia genuina e coraggiosa di un parroco e di una comunità che, senza etichette e bandierine, ogni giorno, mattone dopo mattone, stava costruendo l’altra Brancaccio. Un tentativo al quale, secondo Martinez, don Golesano e il centro Padre Nostro si è prestato. Dalle riunioni per la creazione di una consulta a Brancaccio, alle ultime elezioni circoscrizionali, con l’appello ad una lista unica dell’Ulivo con le associazioni, del parroco di San Gaetano alle forze del centrosinistra. Quella di Martinez non è un’avversione alla politica, ma ad una certa classe dirigente, prima miope e poi pronta a commemorare i martiri.

"Prima del tragico evento, nonostante la situazione a Brancaccio diventava sempre più pericolosa - sottoline Martinez - nessuno dimostrava solidarietà alla gente di Brancaccio e al suo parroco. Subito dopo l'assassinio, però, abbiamo scoperto che in molti erano disponibili a sostenere le nostre rivendicazioni. Sindacati, movimenti ed associazioni varie, quando le televisioni e le più grosse testate giornalistiche sono calate a Brancaccio per parlare del prete ucciso dalla mafia, solo allora hanno dichiarato di avere a cuore le sorti di Brancaccio.Io personalmente, sin dal giorno dei funerali, sono stato contattato da rappresentanti di vari movimenti che ci chiedevano la partecipazione alle loro assemblee".

CONTRO LA STRUMENTALIZZAZIONE POLITICA

"Io credo alla politica - dice Martinez - ma se vogliamo essere credibili agli occhi della gente, dobbiamo scegliere di restare semplici cittadini, dobbiamo dimostrare che il nostro impegno non è dettato da ambizioni personali e quindi con l'obiettivo puntato alla prima occasione elettorale che si presenta per candidarsi. Da cittadini ben organizzati nel territorio sarà più facile farsi ascoltare da chi amministra la "cosa pubblica" e fare valere i sacrosanti diritti della gente che chiede di vivere con dignità. Rinunciare all'appartenenza politica, questo è quanto ha chiesto a noi padre Puglisi".


Perché nessuno ha raccolto l’eredità di don Pino Puglisi?

di Simone Di Stefano

18 aprile 2001

NEL SITO INTERNET DEL COMITATO INTERCONDOMINIALE DI VIA AZOLINO HAZON, L’AMARA LETTERA DI SUOR CAROLINA

Suor Carolina con le "Sorelle dei Poveri di Santa Caterina da Siena" si trovarono in prima linea con don Pino Puglisi per fronteggiare le povertà del quartiere. Treppì le chiamò per gestire il centro d'accoglienza "Padre Nostro". Presto divennero insostituibili. Dopo l'omicidio di padre Puglisi, le suore hanno dovuto lasciare il centro. Una decisione dall’alto. Suor Carolina, oggi è impegnata altrove sempre in "prima linea", sempre in quei luoghi dove c'è il disagio sociale. Tre mesi fa, ha scelto il sito del Comitato Intercondominiale di via Azolino Hazon per ricordare il parroco di Brancaccio e tutti coloro che, insieme a lui, avevano sognato un riscatto interrotto dall'arroganza mafiosa e dall'indifferenza delle istituzioni. Gli ha regalato una lunga lettera, una lettera "sfogo". Parla del sogno interrotto, ricorda il parroco e tutti quelli che, all’inizio degli anni ‘90, credevano di poter cambiare il mondo. Tutti quelli che, a cominciare dagli inquilini di via Hazon, sognavano di "portare il sole nel quartiere Brancaccio. Il sole della solidarietà, del riscatto morale e civile". "Un sogno - scrive - che non voleva realizzare da solo e per questo aveva innescato il sistema infallibile del contagio, del coinvolgimento, della corresponsabilità. Con un gruppo di persone aveva, in poco tempo, diffuso una gran voglia di cambiare il quartiere attraverso i piccoli movimenti, i semplici gesti di ogni giorno, attraverso iniziative capillari che raggiungevano il cuore delle persone, il vissuto della gente che ci credeva…a iniziare dai bambini, dai giovani e si lasciava aiutare non solo dalle suore che aveva voluto perchè fossero un riferimento nel quartiere ma anche dal Comitato Intercondominiale che molto aveva realizzato e continuava a realizzare per lo sviluppo e la crescita del quartiere attraverso la promozione di alcuni servizi…".

Un sogno che però, secondo suor Carolina, si è spento per sempre perché "neanche altri uomini dopo di lui, che hanno preso il suo posto - dice - sono riusciti a cogliere e a vivere. Perchè nessuno ha raccolto l'eredità di questo sogno per essere il prolungamento di padre Puglisi? Perché tutto è finito a Brancaccio ed è ritornato il grigiore della malavita, dell'appiattimento sociale e spirituale ? Perché le energie più belle si sono disperse ?" A queste domande, Suor Carolina, risponde senza tentennamenti. "Ci voleva troppo coraggio, troppa coerenza di vita e alti ideali - scrive - per continuare a credere nell'uomo, nelle sue possibilità, nel suo crescere e nel suo promuoversi". Sono parole pesanti, amare, e nel contempo legate ad un filo tenue di speranza.

"Brancaccio un sogno spezzato perchè qualcuno l'ha voluto rompere, cancellare, ma nella coscienza di coloro che hanno condiviso questo sogno, anche se per breve o molto tempo, niente è cambiato…Qualcuno, sicuramente, vive altrove e realizza in altri luoghi l'ultimo sogno di padre Puglisi perché ovunque, in ogni città, in ogni quartiere c'è un pezzo della realtà di Brancaccio".

Poi conclude: "Padre Puglisi, il tuo sogno non è morto, è una consegna a tutti gli uomini di buona volontà. Rimarrà per sempre nell'anima di tutti coloro che ti hanno voluto bene e hanno sognato con te, fosse anche per l'ultima volta".